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  • Immagine del redattoreMadeleines & Cahiers

Inverni lontani: fra ricordo e presente

Aggiornamento: 16 apr 2022

Oggi non vi parlo di un libro, ma di un racconto pubblicato come volume separato da Einaudi nel 1999. L’autore è uno dei più grandi scrittori italiani del Novecento, Mario Rigoni Stern, che ci ha lasciato una nutrita schiera di scritti tutti di natura autobiografica o comunque molto radicati nell’esperienza personale.


Il testo in questione, Inverni lontani, un misto tra racconto e memoria, è dedicato agli inverni, in particolare quelli del suo passato. Gli inverni duri, ma semplici e spensierati della giovinezza, sugli sci di legno giù per i pendii e con i ricordi di famiglia, del nonno e dello zio.

Le due presenze più incombenti in questa breve narrazione che ha il respiro di un libro lungo una vita, sono gli inverni di guerra da un lato e gli inverni da affrontare a casa dall’altro. Ogni sensazione, ogni pensiero sembra riportarlo inevitabilmente ai ricordi della guerra, nei quali si impone protagonista l’inverno russo con il suo gelo assassino; tanti morti, nuove conoscenze e vecchi amici che in quelle terre spietate soffrirono un destino crudele. Da questi ricordi tragici emerge però il grande spirito di resistenza di Rigoni Stern, che in guerra usava le conoscenze apprese vivendo sul suo Altipiano per combattere il rigore dell’inverno russo, come il taglio preciso di rami e tronchi o l’abitudine di lavarsi per sopportare meglio il freddo: “Poi venne la guerra. E anche in guerra mi preoccupavo di avere legna per l’inverno”. Anche nel presente, a distanza di tanti decenni, la guerra si insinua in ogni angolo della sua mente: è un’esperienza terribile e totalizzante che segna gli individui per sempre. Il cerchio in questo suo racconto lo chiude però la natura del luogo che lui chiama casa: l’inverno che costringe, ancora oggi, a organizzarsi per superare i lunghi mesi in cui la terra riposerà e non darà frutti:

“Inverni lontani della mia vita, uno diverso dall’altro per ottanta ragioni, ma tutti simili in due cose: l’attesa e la preparazione per ben superarli”.


Inverni difficili, freddi, bui, eppure momenti di aggregazione e di crescita, anche tramite la lettura. Il racconto della biblioteca degli ex-combattenti che lui curava e gestiva per il paese è una delle parti di questa narrazione che mi ha sorpreso di più e mi ha fatto riflettere. Venire a sapere che anche tante persone poco più che analfabete trascorressero le serate invernali leggendo vera letteratura, classica e contemporanea, mi ha procurato tanto delizia quanto tristezza, se rapportato al nostro presente di persone che non leggono o leggono poco e spesso non vera letteratura. L’impoverimento umano, culturale e sociale che osserviamo ne è una tragica conseguenza.

Per quanto stemperati dalla sua cultura e dalla sua attitudine letteraria e dal sapore dolceamaro della memoria, quei ricordi di inverni duri di povertà e di guerra sono d’un tratto leniti dalle foglie che cambiano colore, dalle rondini che partono e dal cuculo che non canta più, perché è arrivato l’inverno; e per un animale che è volato lontano verso il caldo, altri, spinti dalla necessità, si avvicineranno alle nostre case. E il verso gutturale del cuculo sarà sostituito dall’acuto tictictic dello scricciolo.

Rigoni Stern ci dice chiaramente che è nella natura e nel nostro contatto autentico con essa che ritroviamo la nostra umanità, che ci riscopriamo umani, perfino dopo una guerra. La natura scandisce le nostre azioni, i nostri progetti; scandisce le stagioni e le giornate e ci parla, se solo stiamo ad ascoltarla e comprenderla:

“La neve verrà leggera come piccole piume d’oca, soffermandosi prima sugli alberi, quindi filtrerà tra i rami posandosi infine sui cortinari gelati, sugli arbusti del mirtillo, sul muschio come velo di zucchero su una torta. [...] Il bosco sarà immerso in un tempo irreale e io andrò a camminarci dentro come in sogno. Molte cose mi appariranno chiare in quella luce che nasce da se stessa. Verrà, verrà il caro scricciolo sulla catasta di legna ad annunciarmi la prima neve come quando ero ragazzo con il suo tictictic ripetuto più volte, e il suo campanellino nascosto nella gola si sentirà anche lassù dove le nuvole compatte e bianche aspettano il segnale”.

La massiccia presenza di ricordo e memoria in questo racconto non definisce però uno scrittore che vive abbandonato a essi; Rigoni Stern è un uomo concreto e saldo nel suo presente e proprio per la sua esperienza, come per il modo in cui vive la vita così inserita nell’ambiente circostante, è consapevole tanto del fatto che ogni creatura, ogni gesto sono tutti legati tra loro nel mantenimento di un equilibrio chiamato natura, quanto di quello che questo equilibrio è ormai innegabilmente minacciato.


Mario Rigoni Stern, Inverni lontani. Einaudi: 1999, pp. 46, Lire 10.000. (L'edizione più recente costa 14€).


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