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L'oca selvatica: di illusioni e separazioni

Mori Ōgai, L'oca selvatica. Venezia: Marsilio Editori, 1994 (2020 7a ed.). 197 pp., 15€


Questo è l'ultimo periodo letterario giapponese a cui mi sono avvicinata negli ultimi due anni circa. Mi manca ancora un po' di letteratura contemporanea (soprattutto anni '80 e '90) e poi li avrò esplorati tutti. I primi 40 anni del XX secolo sono un periodo storico e letterario che ho sempre amato in ogni letteratura. I fermenti culturali, ma anche gli stessi fatti storici di quell'epoca esercitano su di me un fascino, e suscitano un interesse, tali che purtroppo parto già prevenuta in positivo quando affronto un'opera del periodo. Mi capita di rimanere un po' delusa, perché magari l'autore o l'opera non erano all'altezza delle mie aspettative, ma non è mai una delusione totale.


Nel caso di quest'opera la delusione non si è vista neppure all'orizzonte. Il libro mi è piaciuto subito, fin dalle prime righe, e divoravo pagina dopo pagina, come non mi accadeva davvero da tanto tempo. L'ho letto in tre-quattro giorni che è un record assoluto per i miei tempi di lettura di questo periodo, in cui è tanto se riesco a leggere 10-15 pagine al giorno (intendo dei libri che leggo per piacere), a letto prima di dormire. L'ho amato per tanti motivi e raccontandoveli cercherò anche di rendere conto di un'opera che, non a caso, è diventata un grande classico della letteratura moderna giapponese.


Ōgai rende un ritratto perfetto di un momento della storia giapponese sospeso tra un passato che si sgretola e i cambiamenti sociali e culturali che la modernità porta con sé. La vicenda raccontataci da un onnisciente e anonimo narratore in prima persona, è ambientata nel settembre del 1880 e la narrazione sembra quasi guardare con nostalgia a quel complicato periodo di drastici cambiamenti.

L'autore ci presenta un carosello di personaggi, di varia estrazione sociale e culturale, ben caratterizzati: dai protagonisti, alle persone che gravitano loro intorno, familiari, conoscenti, amici o semplici vicini.

L'anonimo narratore è un uomo che ricorda gli anni di gioventù, quando era studente universitario a Tōkyō, e inizia a raccontare non di se stesso, ma di un suo amico e compagno di studi, Okada, e di una giovane donna, Otama. Inizia la narrazione presentandoci Okada, uno studente bello, metodico e taciturno, con cui lui diventa però amico, grazie anche a interessi letterari comuni. Otama entra in scena durante una delle quotidiane passeggiate di Okada e a quel punto il nostro narratore inizia a raccontarci della vita della fanciulla, di come sia stata ingannata da un uomo e di come le circostanze abbiano costretto lei e l'anziano padre ad accettare che la ragazza diventasse l'amante mantenuta di un usuraio, Suezō. Costui era prima stato un inserviente nel dormitorio dove alloggiavano Okada e l'amico, ma intraprese poi l'attività di usuraio, per la quale già aveva dimostrato talento, e si arricchì in questo modo.


Ai tempi della vicenda che ci viene raccontata, Otama era già l'amante di Suezō e viveva quasi reclusa in una piccola casa con una grata alla finestra che dà sulla strada. Da questa finestra un giorno lei e Okada incrociano per la prima volta i loro sguardi e dopo vari di questi incontri di sguardi, l'uno inizia a entrare nei pensieri dell'altra. Non scambiano che poche parole nel corso di tutta la vicenda e hanno un breve incontro quando un giorno un serpente entra nella gabbietta di bengalini che Otama teneva appesa fuori, e acchiappa un uccellino. Tra lo stupore degli astanti raccolti a guardare questo evento naturale, Okada, che sta passando di lì, si arrampica e afferra il serpente, salvando almeno uno degli uccellini dalla sua morsa.

Questo episodio è simbolico tanto della prigionia in cui Otama di fatto si trova a vivere, evitata da tutti nel vicinato, e anche della natura del suo sentimento per Okada. Fin dalla prima volta in cui vede il bel giovane, Otama inizia a fantasticare che lui un giorno possa essere il cavaliere che la salva dalla sua prigione. L'episodio del serpente rappresenta così per la donna un segno di speranza che Okada e lei possano avvicinarsi e lui possa così portarla via.

Si accorge di non averlo ringraziato per il suo intervento e trascorre le sue giornate in attesa di vederlo per ringraziarlo, continuando a fantasticare sul loro futuro. Un giorno lo vede finalmente passare davanti a casa sua, ma lui è con un amico (il narratore) e quindi desiste; questi invece comprende subito che lei è la donna di cui gli aveva parlato Okada.


Questa sarà l'ultima volta che i due si vedranno: quella sera Okada confessa all'amico che sta per partire per la Germania per continuare i suoi studi. In questa serata di inconsapevoli e consapevoli commiati e addii, Okada e l'amico incontrano un altro studente, Ishihara, una sorta di teppistello, che li coinvolge in una crudele caccia alle oche che popolano il laghetto del quartiere. Senza volerlo, Okada ne uccide una al primo colpo. Anche questo episodio è simbolico di come la partenza di Okada ucciderà il sogno di libertà e amore di Otama.


Uno dei tratti più interessanti di quest'opera è il carosello di personaggi a cui accennavo sopra e che l'autore utilizza per rappresentare la società di questo Giappone in trasformazione. Attraverso la vicenda della famiglia di Otama ci racconta del peso della morale corrente ancora dominante e della prigione psicologica che questa impone. La scuola di cucito gestita da una donna e frequentata da ragazze e giovani donne, situata accanto alla casa-gabbia di Otama, è al contrario un segno dei tempi che cambiano, in cui le donne possono sia imparare un mestiere che lavorare per conto proprio e guadagnarsi da vivere da e per sé. Suezō impersona il tipo che, seppure in modo disonesto e sporco, sa inserirsi nell'incudine dei tempi e approfittare delle onde di cambiamento in corso.


La tematica che sta più a cuore a Ōgai sembra però essere quella della situazione femminile e non solo per il risalto che dà alla scuola di cucito - i cui personaggi di fatto non entrano mai attivamente nella vicenda, sono solo una sorta di sfondo, non a caso accanto a Otama. La stessa giovane imprigionata in quella piccola casa è il personaggio che incarna tutti in se stessa i conflitti sociali, e che accetta con rassegnazione il proprio destino; è simbolo dell'ineguaglianza di genere dello status della donna come proprietà degli uomini. È anche una donna che però osa sognare, se non anelare alla libertà, al potere di decidere della propria vita. Assistiamo alla sua progressiva presa di coscienza e al suo cambiamento, man mano che la sua condizione la rende consapevole di come sia la società e dei mutamenti in corso. Al tempo stesso, il (supposto - perché non conosciamo davvero cosa pensi o provi Okada) amore irrealizzato tra Otama e Okada è a sua volta simbolo di una realtà in cui certe idee non trovano ancora spazio o accettazione.


Piccola nota di colore: mentre scrivevo questo commento, avevo in sottofondo una trasmissione in streaming con una telecamera puntata su un lago pieno di oche selvatiche e del loro meraviglioso starnazzare.




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