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Storia di una madre, storia di un Paese: Li Kun Wu

Li Kunwu, “Mia madre”, 2019. Ed. it.: trad. di Giovanni Zucca, Add editore, 2020. 200 pagg., 19,50€.


Con questo titolo partecipo alla categoria “graphic novel” della #leggilacinachallenge di @julesmalano e alla lettura del mese del Club del Libro #letturemandarine sempre creato da Giulia.


Non conoscevo Li Kun Wu , ho scoperto adesso leggendo questo manhua, "una storia raccontata per immagini", che viene da Kunming, la città della mia sorellina nell'animo. Non posso negare che questo fatto non mi abbia lasciata indifferente, ma non ha in alcun modo influenzato né il mio atteggiamento nella lettura di questo manhua, né il giudizio che sto per darne.

L'opera è recente, scritta nel 2019, un anno dopo la scomparsa della madre dell’autore, alla quale egli ha voluto dedicarla per raccontare la storia di una donna cinese tanto straordinaria quanto comune.

Il racconto della vita di Xinzhen (neé Tao Fengyun), dal giorno della sua nascita fino a quello in cui inizia la sua vita da adulta e da donna sposata, traccia un parallelo, che non si può non notare, con la storia della Cina in quegli anni, dal declino dell’età imperiale con le prime invasioni giapponesi nel nord-est, fino alla nascita e al consolidamento della Repubblica popolare, attraverso il violento dominio giapponese e la sanguinosa lotta civile tra Kuomintang e PCC, a loro volta alle prese con dissidi interni.

Xinzhen si rivela subito come una bambina fuori dal comune: tanto bianca alla nascita e tanto sveglia, assennata e intelligente. Cresce in una famiglia i cui genitori hanno cinque figli, ma non si sono mai amati, vivono lontani, col padre al servizio della ricca famiglia Gu in città, e la madre, infelice, che sta con i figli e i parenti in campagna. Ma Xinzhen è così speciale, che i Gu vogliono farla rientrare in città e pagarle gli studi. La bambina ama studiare, si distingue a scuola, così come fuori, talentuosa e amata da tutti.

Lo studio è il suo unico interesse e l’obiettivo della sua vita, ma la povertà e la storia si metteranno d’inciampo ai suoi desideri, finché la guerra finisce e può frequentare la scuola, vivere una adolescenza serena con i compagni e gli abitanti del villaggio. Poi la rivoluzione, con la nascita della Repubblica popolare, porterà una svolta nella sua vita.


Questa storia di rinunce, sofferenze e sacrifici è raccontata attraverso disegni in bianco e nero che richiamano in parte la tradizionale pittura a inchiostro cinese e in parte l’espressionismo europeo, specie nei ritratti, particolarmente adatto a rappresentare i sentimenti di un’epoca tormentata come quella della prima metà del Novecento.

Le vignette sono intervallate da passi in prosa in cui l’autore racconta particolari in più, tanto sulla sua famiglia quanto sui vari momenti storici, che collegano i fili e spiegano al lettore tanto della Cina di ieri e di oggi.


Ho apprezzato molto questo manhua che ho letto stasera in un’ora o poco più, tutto d’un fiato. L’ho apprezzato per vari motivi: oltre a tutto quanto espresso sopra, è la sua esplicita natura autobiografica che lo ha reso particolarmente interessante per me. L’autore è schietto e sincero: non nasconde la sua posizione politica e dice subito al lettore che sta raccontando la storia della propria famiglia, nei suoi alti e bassi, senza edulcorazioni. Ciò che però traspare da ogni pagina è un sincero e profondo amore e rispetto nei confronti di sua madre, certo simbolo della Cina, nonché paradigma della vita di tante donne cinesi del secolo scorso (e anche di oggi), ma in fondo una comune e semplice donna e madre.

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