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  • Immagine del redattoreMadeleines & Cahiers

Un giardino di emozioni: racconti di fanciulle e amori


Yoshiya Nobuko (1896-1973), Storie di fiori (pubblicato negli anni 1916-1924 sulla rivista "Shōjo Gahō"), Atmosphere: 2020. 247 pp. €16,50.

🌸🇯🇵🌸


Un giardino pieno di fiori diversi eppure tutti uguali.


Yoshiya Nobuko comincia a scrivere poco più che bambina; ha vent'anni quando inizia la pubblicazione sulla rivista "Shōjo Gahō" dei racconti che compongono "花物語", "Storie di fiori".

Diciotto storie che portano tutte come titolo il nome di un fiore, quasi tutti veri, eccetto "Il fiore del cuore", metafora della fede e della carità cristiana nell'omonimo racconto.

La maggior parte dei fiori compare come vero e proprio fiore nei racconti, dove diventa però anche simbolo di volta in volta di un personaggio, di un'esperienza, di un legame, di un'emozione o di un sentimento.


I racconti sono narrati talvolta in prima persona, talvolta in terza e da prospettive diverse. Ciò che tutti li accomuna, oltre i fiori, è che tutti hanno come soggetto la rappresentazione di giovani ragazze e donne giapponesi che, nei primi decenni del Novecento, avendo accesso all'istruzione e alla cultura occidentale, ora libera di entrare nel Paese, incontrano i concetti di libertà e di individualità. Ora possono dedicarsi a comprendere se stesse, i propri sentimenti e abbandonarsi a essi, almeno per un po', almeno nel segreto del proprio cuore o del rapporto con un'altra anima affine.


I protagonisti di queste storie sono quindi le ragazze, ma anche i loro sentimenti, le loro emozioni, e i loro legami per lo più platonici, a volte non corrisposti, quasi mai consumati e quasi sempre destinati non solo a non concretizzarsi, ma a separarsi, inevitabilmente, perché le convenzioni sociali sono più forti della volontà di giovani ragazze in preda a emozioni potenti e sconosciute. Esistono però tra questi racconti personaggi di vario tipo, con identità più definite rispetto ad altri, e che o concretizzano il proprio amore, seppur per breve tempo, o che addirittura, nonostante la separazione, non si arrendono alla morale della società del tempo e preferiscono conservare la propria identità. Yoshiya ci racconta di fanciulle infatuate, incantate da altre fanciulle di grande grazia, eleganza e bellezza, ma che non necessariamente anelano a una relazione anche concreta; di fanciulle con personalità più particolari e caratteri più forti, che perseguono il proprio sentimento e, quando corrisposte, danno ad esso una forma, fosse solo tenersi per mano o morire insieme, o fare del proprio meglio per aiutare o salvare l'altra. Ci racconta sentimenti mai confessati, perpetuati attraverso un fiore posato in una tomba, o attraverso il ricordo di un sentimento che il fiore evoca; di sentimenti che per quanto intensi lì per lì, non erano più forti del sentimento di sé e del proprio obiettivo nella vita, e vengono quindi sacrificati o anche soltanto superati. Ci racconta infine sentimenti struggenti e disperati che portano una giovane donna a perdersi, a fuggire, a condannare la propria esistenza per colpe mai commesse.


Elementi comuni a molti racconti sono la stereotipizzazione dell'Occidente, in particolare Italia e Francia, come luogo supremo dell'arte, della bellezza, per cui molte delle fanciulle descritte quasi come fossero semidivinità, hanno un qualche legame con l'Italia, qualcuna con la Francia, altre con l'Inghilterra. Questa insistenza sull'elemento esotico testimonia dell'opinione che i giapponesi, e in particolare le donne, avevano in Giappone nei confronti della grande quantità di sollecitazioni culturali, artistiche, letterarie e storico-sociali che investivano come uno tsunami il Paese, ora in via di modernizzazione.


La varietà delle storie e delle emozioni rappresentate rimanda davvero a un giardino in cui ogni fiore è diverso, unico eppure concorre a un'armonia di colori, profumi che da lontano sfumano in un unico tutto, l'universo del cuore delle fanciulle e della scoperta dell'amore.


La stessa scrittura però ci restituisce un'autrice che sembra riversare molto di sé in queste storie, forse vivendo ancora quei sentimenti, o forse ricordandoli. La sua è una scrittura emotiva, che a volte inciampa su queste emozioni, indugiando appunto su eccessivi stereotipi, oppure nel proporre nomi uguali e storie che a volte si assomigliano, almeno in parte.


Il valore dei suoi racconti comunque rimane proprio come testimonianza del fermento culturale e sociale del Giappone dei primi decenni del ventesimo secolo, in particolare delle donne che iniziano ad acquisire consapevolezza del proprio io e a perseguire l'emancipazione da una società che le ha a lungo relegate in un angolo buio della casa. Non tutte queste haikarasan hanno la forza e il carattere di essere se stesse fino in fondo, la maggior parte cedono ai dettami di una società ancora chiusa e conservatrice, ma tutte assaporano la brezza che porta anche lì un certo senso di libertà.



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