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  • Immagine del redattoreMadeleines & Cahiers

Uomini e bambole

Aggiornamento: 14 feb 2021

“Le bambole che cosa sono?

E’ una domanda che non mi tolgo dalla testa. Però non ero cosciente di esprimere questo mio dubbio ad alta voce di fronte ai dipendenti. Se il proprietario è così insicuro, che loro siano ansiosi è più che naturale. Sul serio parlo da sola? Ho sempre meno fiducia in me stessa”.

Un dilemma a cui la protagonista Mio non troverà forse mai soluzione.



Il libro di Tsuhara Yasumi, “Le storie del negozio di bambole” che ho letto - in quasi incolpevole ritardo - per il #librogiappone di ottobre, si presenta come una raccolta di storie, ma è in realtà un’unica storia raccontata per frammenti, per tessere di mosaico via via inserite con la comparsa di un personaggio o con un evento. Tutti e tutto si portano comunque dietro il proprio mistero: chi è Shimura, l’incredibile artigiano a servizio del negozio di bambole Tamasaka? E Tominaga, l’altro giovane dipendente che lavora per pura passione e non per necessità? E che fine ha fatto la bambola straniera che la nonna di Mio aveva cercato strenuamente di difendere dalla distruzione ordinata da un rigurgito sciovinista? Questi sono solo alcuni degli interrogativi posti da questa storia, che non è un thriller, né un giallo, ma attraverso situazioni da un lato al limite del plausibile, esplora quasi senza che ce ne accorgiamo le intricate modalità con cui pensiamo noi stessi, le persone intorno a noi, il nostro presente, il nostro passato, la realtà.

I personaggi al contempo fuggono dalla propria vita e vogliono restarvi attaccati, con un filo di emozioni e questioni irrisolte che non vogliono recidere, ma neppure affrontare. E così Shimura, fuggito dal mondo del Bunraku per un incidente quasi diplomatico, non riesce comunque a separarsi mai del tutto dai suoi burattini. Anche Tsukamae, pur consapevole dei propri limiti, non è capace di non intromettersi in quel mondo in cui ha fallito di entrare, mentre allo stesso tempo persegue il proprio ideale di bambola e di progetto. Mio e il suo rapporto con il negozio di bambole lasciatole dal nonno è però sicuramente la trave nell’occhio in questo carosello di identità: crede di poter vendere il negozio e cambiar vita come se nulla fosse, non rendendosi conto di quanto in realtà il suo essere e la sua felicità vi avessero già investito. Grazie al negozio e ai personaggi che vi gravitano attorno è riuscita non solo a risolvere uno dei misteri, ma anche a sciogliere vari nodi del suo animo, creati in passato dal grande problema che in questa storia fa ombra come l’elefante nella stanza. Tutti sono pessimi comunicatori: non sanno esprimere a se stessi innanzitutto, e poi agli altri, i propri pensieri, desideri, emozioni; si creano intorno un mondo di incomunicabilità che nasconde ai loro occhi la semplice realtà delle cose, generando un circolo di frustrazioni insensate.

Ecco cosa sono le bambole: a immagine delle persone eppure da esse profondamente diverse, le bambole hanno qui la funzione di riportare ognuno di loro davanti a se stesso, come davanti alla propria immagine riflessa in uno specchio che ha la capacità di guardare oltre lo schermo che hanno innalzato intorno a loro stessi.

La bambola dagli occhi azzurri sarà il catalizzatore di una trasformazione che riporta alla realtà, una realtà fatta della concretezza di una gamba rotta trasportata in ambulanza.

La scrittura estremamente scorrevole rende ancora più godibili questi episodi che ruotano attorno al negozio di bambole Tamasaka; il tempo oscilla tra presente e passato, ma senza fratture, si ha anzi la sensazione che a volte il tempo diventi un aspetto secondario, come sospeso. Questo consente di creare atmosfere che mi hanno in parte rimandata a opere della prima epoca Showa. Una lettura che consiglio sicuramente a chi non riesce a fare a meno di immergersi in uno stile e un’atmosfera distintamente giapponesi.

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